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I tecnopoli nipponici e delle "Tigri Asiatiche"


I primi parchi tecnologici nascono negli Stati Uniti a partire dagli anni ’50, ma si sviluppano in Giappone e nei paesi del sud – est asiatico.

I tecnopoli del Giappone, tra cui quelle di Tsukuba, nascono sotto l’impulso del governo giapponese per delocalizzare le attività scientifiche in aree esterne alle metropoli congestionate. Le sovvenzioni statali hanno agevolato la costituzione di laboratori di ricerca e l’apporto di tecnologie avanzate, permettendo così di realizzare centri di eccellenza nei settori della medicina di precisione, della robotica e dell’automotive (motori a idrogeno).

La propensione all’innovazione, il basso tasso di disoccupazione e il ritrovamento di un giacimento di terre rare, sostanze utilizzate per lo sviluppo di prodotti dell’elettronica, potrebbero portare il Giappone a guidare la quarta rivoluzione industriale insieme a Cina e Stati Uniti.

Anche l’Europa si sta attrezzando per entrare nel mondo dell’industria 4.0 puntando su centri basati sulla ricerca scientifica e sull’innovazione, come i tecnoparchi francesi di Sophia Antipolis, Tolosa e Villeneuve d’Ascq.

L’integrazione dei mercati internazionali e l’elevato costo del lavoro ha spostato alcune fasi o interi rami della catena produttiva verso paesi in via di sviluppo.

Dopo aver adottato politiche protezionistiche le quattro “tigri asiatiche” (Corea del Sud, Singapore, Taiwan e Hong Kong) si sono orientate alle esportazioni di prodotti più avanzati ad alta intensità di capitali e tecnologia.

In Corea del Sud, come in Giappone, i grandi gruppi industriali ad alta partecipazione statale hanno investito in ricerca e sviluppo causando un forte indebitamento pubblico.

Il primo parco scientifico dell’alta tecnologia impiantato sull’isola di Taiwan è quello di Hsinchu. Questo comprensorio ha raggiunto importanti traguardi nell’innovazione con l’introduzione di start up, aree di apprendimento e programmi per l’implementazione dei network tra reti informali, istituzioni, imprese locali e multinazionali.

Taiwan è diventato un paese leader nella produzione di calcolatori portatili, semiconduttori e componenti elettronici poiché è riuscito a costruire dei cluster costituiti da piccole imprese, la cui crescita è stata sostenuta da incentivi fiscali, agevolazioni per l’internazionalizzazione e sostegni esterni (finanziari e di risorse).

Allo stesso tempo, l’apporto dai paesi occidentali di tecnologie e capitali destinati alla ricerca ha consentito la nascita del parco di Saigon, in Vietnam, una delle emergenti “tigri asiatiche”, che opera nei settori delle biotecnologie, della robotica, delle energie rinnovabili e dell’informatica.

I parchi tecnologici di Singapore sono sorti grazie all’intervento statale, che ha promosso programmi di sostegno per l’internazionalizzazione, la riqualificazione professionale e la nascita di join venture, oltre alla collaborazione con università e centri di ricerca.

Da ricordare i centri Biopolis (industria biomedica), Mediapolis (media digitali interattivi) e Fusionopolis (microelettronica ed energia “pulita”).

L’economia di Hong Kong è basata sul libero mercato e sulla prevalenza di piccole imprese.

Gli interventi statali sono serviti esclusivamente a creare le condizioni di base per una crescita duratura come ad esempio la realizzazione di poli o programmi formativi e delle infrastrutture pronte ad accogliere aziende operanti nei settori tecnologici, soprattutto “information and communications technology” e biotecnologie.

Negli ultimi anni sono nate diverse iniziative di cooperazione tra i parchi innovativi e le start up italiane.

Cfr. Pannofino G. (a cura di), “Volgere di millennio”, Università Bocconi Editore, 2014


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